domenica 10 aprile 2011

Verso il campo profughi ai confini con la Libia
La giornata è stata lunga. Tunisi è lontana dal confine libico, seicento  chilometri dove si alternano terreni coltivati con olivi a terre semi-desertiche. Oggi abbiamo riattraversato con i pullman quei luoghi dimenticati per decenni dal potere centrale e dai media internazionali. E’ stata la città di Sid Bou Zid a risvegliare il cuore della Tunisia, tutte le regioni, tutte le città e tutti i villaggi si sono sentiti partecipi della rivolta di gennaio. Mohamed di Argeb, piccola città dell’entroterra , lo  abbiamo conosciuto il primo giorno e domani si sveglierà alle sei del mattino per venirci a raccontare la loro lotta che non è finita con il 14 gennaio. Per Mohamed, laureato in matematica e disoccupato, è importante parlare con noi; ci spiegherà del lungo sciopero che stanno portando avanti contro la disoccupazione e per la giustizia sociale. Per noi è importante costruire e mantenere questa relazione. 
Ci stanno insegnando la caparbietà, la voglia di desiderare e quindi di lottare per una vita migliore, la dignità di portare avanti con gioia e ostinazione la rivoluzione delle loro vite e della Tunisia intera. Si respira aria di cambiamento e di voglia di fare in queste strade sabbiose della Tunisia dimenticate dal mainstream, si è risvegliata nei tunisini l’idea di poter finalmente prendere in mano la loro vita e non intendono farsi sfuggire questa opportunità che hanno costruito giorno dopo giorno, anche con il sangue di quelli che qui vengono chiamati i martiri della rivoluzione. Siamo ancora in pullman e lo saremo per tutta la giornata, mi vengono in mente i volti delle donne somale ed eritree incontrate nel campo.  A loro non sarebbe mai permesso di spostarsi come facciamo noi, loro non possono muoversi, devono rischiare la vita per spostarsi e in continuazione vengono cacciati o devono sfuggire dalla guerra e dalla fame. Per tanti ragazzi che affollano il quarto campo, quello più grande al confine con la Libia, avere dei documenti che ti permettono di spostarti liberamente tra Africa ed Europa è un miraggio, non riescono neanche a capire fino in fondo che cosa significa. Loro che per venire in Italia rischiano la vita su quel tratto di mare del Mediterraneo ormai maledetto.
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Nella carovana  continuano a girare i numeri che ci ha fornito la Protezione Civile tunisina: più di 200.000 persone hanno attraversato il confine, quasi 160.000 sono state accolte nei campi allestiti in pochi giorni sulla frontiera, dove si riesce ad accogliere in modo dignitoso le persone, a fornirgli un pasto e la prima assistenza medica e psicologica. Ci raccontiamo a vicenda le storie che siamo riusciti a carpire dai tanti profughi che abbiamo incontrato, in pochi minuti cercavano riassumere la complessità della loro vita ma la semplicità del mosaico che riusciamo a comporre è disarmante: lasciateci muovere liberamente, lasciateci attraversare le frontiere, lasciateci andare lontano dalla guerra e dalla sofferenza, non chiedono molto vogliono solo vivere liberi. Sappiamo che oggi tanti ragazzi ghanesi sono riusciti  a tornare a casa, la Tunisia e l’organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) con i paesi di origine organizzano i voli per i rimpatri volontari, tutto un altro modo di vedere rispetto all’accordo appena siglato con l’Italia.  Chi lavora o fa il volontario era stupito del nostro interesse per il loro lavoro, non siamo andati solo a portare delle medicine, ma per provare a capire come e perché sta accadendo tutto questo. Per un attimo ci siamo sentiti parte della stessa storia.Purtroppo l’ esercito libico continua a bloccare i migranti prima della frontiera, continuano ad arrivare persone che hanno subito torture, tanti degli africani ascoltati erano stati nelle prigioni libiche, anche se dovrebbero essere chiamati lager per migranti costruiti apposta per bloccare chi cerca di mettersi in cammino.
Domani  Zied, il responsabile della nascente associazione “volontari senza frontiere”, cercherà di recuperare il container di medicine ancora bloccate al porto, Federico con la sua telecamera cercherà di filmare i volti di questa ribellione, alcuni di noi prenderanno i primi aerei per tornare in Italia. Noi che rimaniamo continueremo a costruite questo piccolo ponte fatto di incontri, sorrisi,  relazioni e racconti. Mentre sul Al Jazeera continuano a scorrere immagini di manifestazioni, scontri e ribellioni dei tanti paesi di questa lunga e profonda primavera araba.  Solo una cosa posso pensare in questo lungo viaggio in pullman: nulla sarà più come prima.

Carovana Uniti Per La Libertà

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