lunedì 11 aprile 2011


Il campo profughi di Ras - Jadir
Le giornate nella Tunisia post-Ben Ali non finiscono mai. Ieri notte siamo partiti verso il campo profughi di Ras Jadire, il viaggio è lungo sono più di seicento chilometri, tutti percorsi in pullman  lungo strade che diventano sempre più desertiche. Non è stato facile arrivare al confine tra Libia e Tunisia, ci hanno fermato più volte, controllato i pullman e il carico di medicine che portavamo con noi. Alla fine siamo riusciti, dopo ore e ore di viaggio, ad arrivare.
Per arrivare al confine percorriamo la strada che ora non è altro che un lungo campo profughi.
Il confine tunisino-libico  è una grande porta dove il flusso di migranti non si ferma più  da quando la guerra in Libia è cominciata, si intravedono in lontananza le bandiere verdi simbolo del regime autoritario e oppressivo di Gheddafi, coperte dalle grandi bandiere tunisine.
ilcampo3
Chiunque attraversi questa frontiera viene accolto in Tunisia, il primo campo è di transito, si viene identificati e per chi ha bisogno c’è un punto di primo soccorso ben organizzato. Qui abbiamo parlato con i medici che stanno prestando servizio volontario: Benchir ci racconta che lui e i suoi amici non vivono lontano da qui e sono venuti per aiutare, per accogliere, per dare una mano per quanto possibile. Benchir e i suoi amici sono medici o infermieri, stanno finendo di studiare, o sono in cerca di lavoro, si sentono non solo protagonisti della rivoluzione tunisina, ma di un grande movimento ancora più largo che si sta diffondendo in tutti i paesi arabi. Non parlano di un vecchio panarabismo di stampo nasseriano antioccidentale, il loro è un sentimento condiviso che li accomuna a tutti coloro che stanno lottando per la libertà nei loro paesi. E’ la lotta contro la dittatura, per l’indipendenza, per una democrazia reale e per condizioni di vita migliori che li fa sentire parte di una stessa lotta. Ci sono ragazzi e ragazze che lavorano qui come volontari da quando il campo profughi è stato istituito, non è facile, sentono i bombardamenti e gli spari sempre più vicini, hanno paura delle possibili ritorsioni delle armate libiche, ma restano qui, per la Tunisia, per i profughi che passano, per la loro rivoluzione e per loro stessi. Questi dottori volontari oggi ci hanno  veramente fatto capire cosa significa accoglienza, mentre noi abbiamo negli occhi le immagini di Lampedusa, dove i migranti sono stati lasciati senza coperte, senza cibo, senza tende, loro che vengono dalle regioni più povere della Tunisia sono qui ad aiutare chi è più povero di loro,mentre noi abbiamo solo paura di perdere le nostre rendite di posizione.
donnesomale
(Donne somale appena arrivate in Tunisia dalla Libia)

Poco dopo ci siamo spostati nel campo profughi gestito dalla Mezza Luna Rossa,  un campo che ha ospitato nei giorni più alti di crisi fino a 18.000 persone di ottanta nazionalità diverse, dal Bangladesh al Ghana, dal Costa d’Avorio al Ciad, ma soprattutto eritrei e somali. Tanti vogliano tornare a casa nel loro paese, ma non sanno come fare e aspettano che le organizzazioni internazionali organizzino i voli per i rimpatri volontari, altri invece non possono assolutamente tornare nei loro paesi martoriati dalla guerra e non sanno dove andare. Aspettano chi da giorni, chi già da mesi, ma non sanno bene cosa fare, fuggono da persecuzioni, dalla povertà, dalla guerra, dai bombardamenti in Libia, gli abbiamo chiesto dove vorrebbero andare e cosa vorrebbero fare, la risposta è molto semplice: vorremmo solo vivere in un paese in pace senza dover più scappare, senza dovere più fuggire, costruendo la nostra vita e mettendo radici in un paese che ci accolga. Eppure oggi nessuno è più disposto ad ospitare queste persone, che invece ci hanno accolto con un sorriso, pronti a raccontarci le loro storie fatte di sofferenze e di speranze, e per ora sono felici di poter stare qui in questo campo in Tunisia, anche se in condizioni molto precarie, perché questo piccolo paese gli ha permesso di sfuggire dalla guerra e dalle torture dell’esercito libico.
Riprendiamo gli autobus, la carovana continua, con gli occhi pieni di storie, torniamo a Tunisi, felici nonostante la fatica di essere venuti fino a qui ad intrecciare anche solo per un attimo queste le nostre vite con le loro. 

Carovana Uniti Per La Libertà

Nessun commento:

Posta un commento