martedì 12 aprile 2011


La lotta delle donne
La Tunisia è sempre più una scoperta. Oggi, dopo due giorni passati in autobus per raggiungere la frontiera, siamo tornati nella frenetica Tunisi. E’ stata una giornata densa di incontri, ma non solo per noi, è la stessa  Avenue de Bourghiba che si è trasformata in una vera e propria agorà a cielo aperto, dove si creano continuamente piccoli o grandi capannelli di persone che discutono, si confrontano, si scontrano sulle opinioni riguardo al processo rivoluzionario in atto. 
Non c’è tunisino che non si senta partecipe di questo cambiamento, ce lo spiega Cherif, diplomato disoccupato, ma ce lo ribadisce anche Mongia, attivista dell’associazione delle donne democratiche tunisine, tutti hanno contribuito alle dimissioni di Ben Ali – i disoccupati, le donne, i lavoratori in sciopero, i giovani, gli avvocati, i sindacalisti – nessuno è più disposto ad essere escluso  dalla costruzione della nuova costituzione.
Questo paese in subbuglio ti rende partecipe dei propri drammi e delle proprie speranze, basta camminare per le strade di questa città per capire che nulla è normale, che qualcosa è cambiato,  ma bisogna mettersi in gioco per rendere il proprio paese migliore. E’ una forza che ti contagia, sono sveglia dalle sette del mattino per poter incontrare tutti, non mi stanco mai di sentire i racconti sulle giornate di gennaio, su cosa accade in questi giorni, sulle diverse rivendicazioni, su punti di unione e differenza. A fine giornata, in un bellissimo caffè adornato di maioliche verdi e bianche, sorseggiando un the alla mente, incontriamo Jouad, attivista dell’università femminista. Jouad mi colpisce subito, ha la mia età e studia all’università, dove lotta per l’uguaglianza e i diritti delle donne. Nei suoi racconti mi sembra di rivivere le mie esperienze: la mia stessa ansia per il futuro, la mia stessa paura per il mondo del lavoro e la difficoltà nelle relazioni con l’altro sesso. Somiglianze e divergenze di vite vissute sulle due sponde del mediterraneo. Rimango incantata.
Non è solo retorica, io e Jouad ci capiamo subito, entriamo subito in sintonia, siamo due militanti e la nostra lotta per la libertà, la giustizia sociale e l’uguaglianza è comune. Ci racconta del lavoro dell’associazione: il comitato d’inchiesta sulle regioni più povere della Tunisia, il centro di ascolto aperto a Tela per le donne della rivoluzione, il lavoro di approfondimento sui diritti nella Costituzione. Dal 14 gennaio in poi non si sono mai fermate, hanno già organizzato una marcia delle donne per la dignità e l’uguaglianza, una conferenza nazionale, hanno elaborato un manifesto di richieste rivolto ai prossimi candidati politici. Il rinomato codice di famiglia  tunisino non è più sufficiente, queste ragazze vogliono di più, non hanno più intenzione di accettare ambiguità: eredità, adozione, stato di famiglia, tutela dei figli non sono negoziabili, devono essere la base oltre la quale costruire una nuova giustizia fatti di diritti e riconoscimento sociale ed economico. Per Jouad vivere sotto il regime di Ben Ali significava non respirare, vivere senza fiato, una sensazione di soffocamento continuo. Erano escluse dalla vita politica, istituzionale, culturale come giovani e come donne, schiacciate dal regime autoritario da una parte e dalle generazioni più adulte dall’altra, come se tutti avessero paura della loro presenza o anche solo esistenza. E forse  quella paura si rivelata fondata. Il regime autoritario di Ben Ali era già in bilico grazie al lavoro delle lunghe lotte, anche sotterranee, portate avanti in questi anni, ma la spinta decisiva è stata la forza propulsiva dei giovani.Durante le giornate della rivoluzione non c’erano differenze, ragazzi e ragazze hanno lottato insieme, hanno resistito insieme alle cariche e alle violenze della polizia, insieme hanno costruito una possibilità di libertà. Non c’erano differenze di sesso, di età o di scolarizzazione, la lotta era comune e l’obiettivo unico: distruggere un regime opprimente. Nessuno ci avrebbe mai creduto ma uomini e donne ci sono riusciti e Ben Ali è scappato senza lasciare traccia. Ora bisogna abbattere il suo apparato di potere, le differenze emergono,  è adesso che la lotta per le donne diventa più difficile. Ma Jouad in questo momento non sa nemmeno cosa significhi la paura, quanto è diversa questa ragazza dai luoghi comuni raccontanti sulle donne arabe, è ora che inizia la rivoluzione e la Tunisia non si vuole tirare indietro.
Ci salutiamo con Jouad, la invito a venire in Italia al meeting che a metà maggio stiamo organizzando all’università, spero che venga perché le sue parole così semplici, al di là di qualsiasi ideologia, ci fanno capire perché ancora vale mettersi in gioco e lottare per la libertà.

Carovana Uniti Per La Libertà

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