martedì 12 aprile 2011


La lotta delle donne/2
Girando per questa città ancora si vede tanta polizia, molti luoghi sono ancora presidiati dall’esercito e circondati dal filo spinato. Gira ancora tanta polizia politica e di notte ci sono ronde notturne di poliziotti, non a caso questo corpo dell’arma è tra più odiati dai tunisini, proprio perché rappresenta uno dei retaggi del vecchio regime. 
Oggi è il giorno della nostra partenza, tutte le medicine sono arrivate al campo profughi, dall’Italia arrivano gli echi delle solite polemiche istituzionali, mentre l’Europa intima alla Tunisia di accettare i rimpatri, la Tunisia al suo confine sta accogliendo migliaia di persone senza aver mai gridato all’invasione. Un così piccolo paese, pieno di contraddizioni, ancora molto instabile e intento a costruire la sua strada verso la democrazia, ha deciso di non chiudere le sue frontiere, e divenire un luogo di accoglienza e speranza. Oggi  ritorniamo a parlare alla sede dell’associazione delle donne democratiche tunisine, Nadia, la direttrice esecutiva, non smette mai di lavorare, da quando è cominciata la rivoluzione, ci dice,l’associazione lavora a porte aperte, durante i giorni della rivolta è stata un rifugio, oggi è un punto di riferimento per tutti coloro che stanno costruendo la nuova Tunisia.
CIMG0227
L’obiettivo per loro non è cambiato: l’uguaglianza di possibilità e diritti tra uomini e donne, contro ogni visione retrograda della società. Oggi si apre una possibilità per le donne in Tunisia guadagnare più diritti, più libertà, più autonomia ma  c’è anche la possibilità inversa, e cioè che alle donne vengano chiusi spazi, tolti diritti e diminuita l’autonomia. Ben Ali se n’è andato, ma il suo sistema di potere è ancora funzionante, intanto le prigioni sono state aperte e i prigionieri politici possono ritornare finalmente in Tunisia dopo decenni,  tra di loro ci sono tanti islamisti moderati o meno, perseguitati durante il regime. Uno dei partiti di riferimento è Ennahda, il suo leader – Rached Ghannouchi – è tornato da poco in Tunisia, accolto da una grande folla in festa. Questa forza politica accetta le regole del codice di famiglia tunisino, ma ciò che preoccupa non sono le sue parole ma i fatti: le prime preghiere fatte nelle strade, le donne aggredite durante le manifestazioni, le prima grida contro la partecipazione femminile al processo democratico. Per Nadia è inconcepibile come le stesse donne islamiste tunisine non abbiano alcuna rivendicazione specifica sul ruolo della donna, per loro la donna deve essere pensata solo all’interno dei precetti dell’islam. Ma Nadia e le sue compagne non si lasciano certo intimorire, come non avevano paura durante il periodo di Ben Ali non hanno alcun timore nemmeno ora. Per loro un confronto politico plurale è una cosa nuova, ma nessuna gruppi, associazione o partito può pensare di prescindere dai diritti delle donne. Le donne democratiche hanno costruito una cellula di vigilanza sulla transizione, incontrano tutti i comitati di difesa della rivoluzione, hanno iniziato un’inchiesta di verità sui giorni della rivolta, hanno aperto un centro d’ascolto per la popolazione sui fatti della rivoluzione a Tela, città dell’entroterra. Sono parte attiva di questo processo rivoluzionario e sono disposte solo ad andare avanti. Qui in Tunisia non si può più tornare indietro.
CIMG0228
Rimangono centrali le loro campagne storiche: contro la violenza, per la parità dei diritti, per la parità nelle leggi riguardanti l’eredità. Avrei voluto continuare a fare tante domande a Nadia, ma sono stata trascinata via per non perdere il volo di ritorno. Camminiamo veloci verso l’albergo e mi guardo intorno: Tunisi è un crogiuolo  di diversità, donne velate e coperte a braccetto con ragazze scollate e capelli al vento, coppie mano nella mano accanto a gruppi strettamente di soli uomini, mamme velate e figlie con jeans attillati, bar dove si beve e si fuma e ristoranti dove è assolutamente vietato. Religione e laicità si intrecciano e scontrano tra queste vie, insieme al dibattito sulla legge elettorale, la nuova costituzione e i primi processi contro esponenti del regime. Una cosa è certa la Tunisia ha scelto la strada del cambiamento e ha insegnato a tutto il mondo arabo, e non solo, che abbattere un regime dal basso e in autonomia è possibile. Questi mesi e le decisioni che si prenderanno stanno veramente allontanando questo paese dal colonialismo e dalla dipendenza dall’estero, senza cadere in ristretti nazionalismi, ma parlando all’intero mondo di democrazia, diritti e libertà.

Carovana Uniti Per La Libertà

Nessun commento:

Posta un commento